Carmelo Cappello è nato a Ragusa nel 1912. Dopo i primi studi all'Istituto d'Arte di Comiso, nel 1929 si trasferisce a Roma, dove vive un anno lavorando nello studio di Ettore Colla, e l'anno seguente a Milano dove può frequentare i corsi di Marini all'Istituto Superiore d'Arte di Monza.
Nel 1937 inizia l'attività di scultore. La prima personale è ospitata alla Galleria Bragaglia a Roma nel 1938, dove esporrà Il freddoloso, con presentazione e testo critico di Raffaello Giolli che nel 1944, edita dalla Domus, gli dedicherà anche la prima monografia.
La carriera artistica di Cappello conosce importanti partecipazioni ad eventi espositivi italiani che gli varranno l'invito alla XXIV Biennale di Venezia del 1948, dove ha modo di conoscere la scultura di Henri Moore che segnerà profondamente la sua vicenda di artista. Nel 1950 partecipa a "Italienische Kunst der Gegenwart" mostra itinerante nei più importanti Musei della Germania.
Dopo numerose partecipazioni alle Biennali veneziane, alle Quadriennali di Roma, ed alla Triennale di Milano, nel 1958 gli viene dedicata una sala personale alla XXIX Biennale di Venezia, dove riceve il premio internazionale d'arte liturgica. Ma anche all'estero la produzione di Cappello gode di grande attenzione. Si segnalano qui le esposizioni alla Galleria Hervè di Parigi, presentato da Ballo e Popper nel 1957, la partecipazione a "Documenta 2" a Kassel nel 1959 e l'invito alla Mostra internazionale di scultura al Museo Rodin di Parigi nel 1960. Dal 1961 inizia la collaborazione con la Galleria Günther Franke di Monaco che curerà la diffusione del suo lavoro in Germania.
Nel 1953 era uscita, intanto, curata da Dino Formaggio la seconda monografia edita da Görlich, seguita nel 1958 da una terza curata da Herta Wescher per i tipi di Schwarz.
Dal 1962 con la scultura Involuzione del cerchio in acciaio e con movimento elettromeccanico si apre un periodo caratterizzato dall'uso dell'acciaio e dall'accentrarsi della ricerca su forme prevalentemente circolari e rotatorio-dinamiche.
Sempre più spesso arrivano i riconoscimenti internazionale al lavoro di Cappello come l'invito alla VII Biennale Internazionale d'arte moderna di San Paolo del Brasile nel 1965, poi a Toronto, Filadelfia, Caracas fino alla Mostra antologica che il Museo d'Arte Moderna di Madrid gli allestisce, curata da Luis Gonzales Robles, nel 1972. Nell'anno successivo anche il Comune di Milano gli dedica una antologica alla Rotonda della Besana presentata da Lara Vinca Masini.
Nel 1975 partecipa alla mostra "Omaggio a Michelangelo" al Grand Palais des Champs Elisées a Parigi. Arrivano anche importanti commissioni pubbliche come nel caso della grande scultura-fontana in acciaio collocata all'inizio dell'autostrada Messina-Palermo nel 1975 o la scultura, sempre in acciaio di nove metri per nove, a movimento elettromeccanico in due tempi, commissionata dal Comune di Milano per la piazza VI Febbraio.
Nel 1987 Luciano Caramel cura presso la Galleria Spazio Temporaneo di Milano una Mostra degli ultimi lavori degli anni Ottanta.
Tra le ultime presenze, prima della malattia che ne impedirà irreversibilmente la capacità lavorativa, segnaliamo la partecipazione di Cappello con due grandi opere alla rassegna di Oslo "Percorso della Scultura" nel 1989 e, da ultimo, la monografia che nel 1990 l'editrice Electa gli dedica con testi a cura di Francesco Gallo.
Dino Formaggio data sin dal 1946 il riuscito tentativo di uscire dalle forme simboliche verso concezioni lineari più severe, anche se è il 1948 l'anno del più fecondo fermento. La Biennale veneziana di quell'anno, infatti, propone la grande personale di Henry Moore che non passa senza lasciare tracce profonde in Cappello.
Certamente la preoccupazione costante di Cappello è data dalla tensione al superamento definitivo della lezione plastica ottocentesca verso l'affermazione di valori per una nuova stagione della scultura.
Il primo Cappello che esordisce con il Pescatore e Il freddoloso nel 1938 è un figurativo, erede delle grandi ricchezze della tradizione italiana, e che propone un immaginario che è metafora del quotidiano. Dominante in questa stagione l'apertura alle molteplici sollecitazioni del vissuto e della vita in atto, anche se in una dimensione essenziale che coglie l'assoluto di un'emozione senza calarla nella determinatezza storica, e dove già compare delineata senza equivoci una vocazione finemente geometrica e sintetica.
In seguito, affascinato dalla libertà dell'invenzione della composizione di Moore, Cappello intraprende un percorso originale la cui evoluzione, aperta al confronto con le tante esperienze del poema plastico contemporaneo come per le opere di Pevsner e Gabo, lo porta all'interesse verso lo spazio ed il movimento tanto che il secondo Cappello si propone come delineatore di volumi nello spazio. Lo scultore segue una linea di sviluppo - scrive Formaggio - "che muove verso una più completa liberazione ed un più sciolto incontro delle masse volumetriche, la genuina foga di una plastica narrativa, ormai non più psicologistica o episodica". L'ambiente stesso ed il luogo sono presenti nella progettualità di Cappello, considerati nella loro attiva capacità di interagire con la presenza della scultura che divide ed integra lo spazio. Le forme prima piene e concluse si sono come aperte ad uno svolgimento, un'analisi ad un'andatura sempre più dinamica. Questa tendenza spazialista, che propone le arditezze più immaginifiche e che brucia ogni superfluo nelle linee dell'essenziale, pone la ricerca e la figura di Cappello tra quelle centrali nel panorama mondiale della scultura di questo secolo.
L'opera presente nel Museo (Rotatorio ovale, 1985) mette in risalto l'inscindibile unità dei nuovi materiali adottati dallo scultore, l'acciaio inox in questo caso, con la nuova forma. Metalli lucenti, riflettenti, in cui la luce rimbalza e si infrange, annullando la densità della materia, suggerendo illusoriamente la trasparenza ed il vuoto, la penetrabilità e la leggerezza.