Roberto Lanaro è nato a Molvena (Vicenza), dove tuttora risiede, il 26 Settembre 1946. Nell'officina paterna - dove si succedono intere genera zioni della medesima famiglia di fabbri sin dal 1706, data che egli ricorda incisa su una grande forgia a mantice - apprende tutti i segreti del mestiere. Conseguito, intanto, il Diploma di scuola Professionale d'Arte, egli acquista nella bottega paterna quella padronanza delle abilità ed i preziosismi tipici della lavorazione del "ferro battuto". L'opera che meglio rappresenta le abilità acquisite durante questo tirocinio di sapienze artigianali è quel "Dragone" del 1968 tutto a scaglie intessute e creste, lungo sei metri e del peso di sei quintali. Non soddisfatto di questo figurativismo ornamentalistico, all'inizio degli anni settanta egli intraprende la via del superamento di ogni orpello di abbellimento o di allettamento che libera il ferro in autentica scultura. Nascono così le "Fratture", una serie di opere che testimoniano questa ricerca di fedeltà alla originaria ed autentica natura del ferro. Dal 1974 comincia a seguire i corsi estivi dell'Accademia d'arte di Salisburgo - scuola fondata da Koko schka nel 1954, nella quale si sono formati alcuni dei maggiori artisti ita liani - dove consegue il primo premio alle prove finali dei corsi nel 1974 e nel 1976. Qui conosce il magistero fertile di Somaini (un grande mae stro di costruttività spaziale) che lascia un segno sulla sua formazione.
L'esplorazione della vita interiore del ferro matura negli anni ottanta in testimonianze - come nei due altorilievi che impreziosiscono le pareti della sede di Thiene della Banca Antoniana, o nel monumento antistante al l'Accademia di Nau beuge in Francia - dove si nota "... come sempre siano il lavoro stesso e la natura del materiale che determinano e governano la forma, la semplice severità delle forme”. Lontana da intenti mimetici e tutta raccolta ad indagare le poten zia lità della materia stessa, l'opera esposta al Museo (Dialogo, 1990) consente di gustare "... le morbide pieghe e le quiete torsioni, le ferite e le gioie, di queste opere che raggiun go no la semplicità solenne e insondabile delle creature vi venti nate dalle antiche nozze di fuoco del fabbro degli dei e dell'amore fe condatore".