Ernesto Marchesini è nato a Bassano del Grappa il 5 maggio del 1944. Completati gli studi presso l'Istituto d'arte "Selvatico" di Padova, passò all'Accademia di Belle Arti di Venezia dove negli anni di frequenza tra il 1965 ed il 1969 ebbe come guida Giuseppe Santomaso.
Insegnante preso il liceo artistico statale di Treviso, ha esposto in numerose personali e collettive e partecipato a premi nazionali.
Il tenace lavoro di apprendistato sotto la guida del Maestro Santomaso stimolò nell'allievo uno spirito di liberissima ricerca tecnico-formale che portò il Marchesini, una volta compiuta la scelta di dedicare la sua vita all'arte, ad una intensa propensione al fare ed allo sperimentare dovunque e sui più eterogenei materiali naturali e industriali: dal vetro alla ceramica, alle carte da parati, al plexigas, ai poliuretani espansi, alle lamiere, agli stessi elementi di parti del computer.
Altra tappa fondamentale della sua formazione fu la folgorante rivelazione dell'opera di Picasso studiato nel suo complesso in occasione della grande esposizione di Parigi nel 1967. Da quell'esperienza i suoi orizzonti si allargano: la figura, che è tema centrale per Marchesini, si appropria della tipica deformazione espressionistica di Picasso inglobando, successivamente, le tematica ed i modi dei Post-Cubismi e dei Post-Impressionismi, pur mantenendo ben ferma una propria classicità latina e la fedeltà al colorismo della tradizione veneta.
Dai primi anni '70 la produzione di Marchesini è caratterizzata - scrive Dino Formaggio - da "oscillazioni pendolari" tra le due polarità antitetiche di Astrattismo e Realismo (denominazioni che oggi appaiono ancor più superficiali e inadeguate). Per cui si alternano i passaggi dalla dominante figurativa della prima personale di Jesolo nel 1972, alla totale dominante astrattista nella sua partecipazione alla Quadriennale di Roma del 1975 e nella personale di Bassano del 1976; ad un ritorno alla dominante figurativa nella personale di Bolzano del 1978. Ma non si tratta di svolte - continua nella sua analisi critica Formaggio - "... bensì di un unico processo di sempre più mature conquiste formali e strutturali della costruzione pittorica".
In linea con questo costruttivismo che ricerca il segreto della vita delle forme, l'opera di Marchesini non contempla il quotidiano, il gesto psicologico, il movimento della soggettività nello spazio temporale, ma sente piuttosto il bisogno di fermare l'eroico, l'epico, il monumentale. Quasi sempre la sua pittura si organizza in cicli narrativi come nel Ciclo del "Canto per la storia di Orsola" (che riprende la ducentesca Legenda Aurea della Storia di Sant'Orsola e le undicimila vergini), sequenza di otto pannelli esposti in Piazza Monte di Pietà a Treviso nel settembre del 1979; e ancora il Ciclo di cinque grandi opere esposte tra i trulli di Alberobello nella Pasqua del 1987; oppure il Ciclo "Tre tempi di una festa" (del 1982) che celebra la Leggenda del "Castello d'amore" (passatempo medievale dei giovani aristocratici a metà strada tra gioco di guerra e sollazzo d'amore cortese).
Nelle opere più recenti (come in quella donata al Museo Teseo ed Arianna del 1992) "... la sintesi delle figure risulta più fortemente bloccata ed insieme più liberamente espansa..." mantenendo co munque la forza espressiva e coloristica senza mai uscire dalla rigorosissima razionalità costruttiva.