Antonio Morato nacque ad Este il 17 marzo 1903. Della prima giovinezza trascorsa ad Este egli conserverà l'amore profondo per la natura, e per l'ambiente collinare in particolare, che riaffiorerà nelle varie fasi della sua vicenda artistica.
Traferitosi con la famiglia a Padova nel 1918, s'era trovato inizialmente a disagio anche per il suo carattere introverso e meditativo. Frequentato il Liceo classico, egli esordì nella pittura - con una formazione, dunque, per niente pittorica quanto piuttosto letteraria -, tra il 1923 ed il 1925. La sua prima apparizione di rilievo in Esposizioni pubbliche avviene nel maggio del 1926 alla IVa Esposizione d'Arte delle Venezie ospitata nel Palazzo della Ragione, dove troveranno posto anche i famosi Stati d'animo di Boccioni.
Persona schiva e raccolta in interiori riflessioni, determinato nel suo rigore etico e dal forte senso religioso della vita, Morato seguì un originale percorso artistico, lontano dalle mode e dalle avanguardie, che lo portò ad attraversare un secolo colmo di rivolgimenti senza mai lasciarsi travolgere e anche solo turbare. Per oltre sessant'anni andò realizzando una grande quantità di opere di ogni genere (disegni, olii, pastelli, affreschi, graffiti murali, vetrate, mosaici). Basti qui ricordare le importanti committenze, tra le altre, per la Sala delle Adunanze della sede del Consiglio Provinciale dell'Economia Corporativa di Padova (attuale Camera di Commercio) nel 1934, per Palazzo Rossi a Verona; a Bolzano (1937) e Brunico (1938); la frescatura in casa Mansutti di via Facciolati nel 1939; al Palazzo del Bo' nel 1940 su incarico del Rettore Anti che raccolse l'indicazione di Giuseppe Fiocco e Giò Ponti. La sua attività richiamò l'attenzione, nel 1939, di Renato Birolli che gli rivolse l'invito ad entrare nel movimento milanese di "Corrente" che andava costituendosi; invito che egli declinò, scoraggiato alla sola idea di lasciare la sua Padova.
Morato subì come un trauma le trasformazioni che deturparono la città: l'incremento del traffico automobilistico e l'invasione della cartellonistica pubblicitaria oltre agli sventramenti che nel secondo dopoguerra ridisegnarono l'immagine della città distruggendone il tessuto sociale lo spinsero, nel 1964, alla decisione di rifugiarsi sui Colli Euganei, nell'amata Teolo già meta del suo viaggio di nozze nel 1939.
Tra le più recenti e più significative opere di committenza vale menzionare il graffito realizzato con Gianni Strazzabosco presso l'Istituto Bernardi/Tasso (1960), le tavole a tema religioso per la Cappella Schiavo nel Cimitero Maggiore di Padova (1963); le due vetrate per il Duomo di Monselice e per la Chiesa della Beata Vergine del Suffragio Perpetuo a Padova.
Dal 21 marzo al 20 aprile 1987, a soli due anni dalla morte, che avverrà il 13 marzo 1989, il Comune di Padova gli dedica una grande Mostra Antologica ospitata nel Palazzo della Ragione.
L'ambiente in cui avviene la formazione di Morato è una Padova che ha già dimenticato la lezione di Boccioni, Casorati e Gino Rossi - i tre grandi che la frequentarono negli anni Dieci - ed in cui prevale un gusto tardo-ottocentesco, nutrito di influssi simbolistici e Liberty. I grandi movimenti europei, inoltre, dall'Impressionismo al Surrealismo sono praticamente sconosciuti.
La pittura di Morato - scrive Formaggio - mossa "... per vie proprie già al suo sorgere nelle prove giovanili, era poi avanzata sempre più libera e sicura, anche se attenta ai nuovi timbri e alle nuove spaziature segniche che a ventate potevano venire da Venezia, da Milano e più tardi anche dalla grande pittura francese, Matisse, Braque, e Picasso in special modo. Nutrito di studi classici, tutto questo Morato a tratti sapientemente innestava da un lato sul mondo rinascimentale veneto (Giorgione) e dall'altro su qualche atmosfera toscaneggiante, specie nel paesaggio, che non poteva non essere respirata e interiormente trasmutata nella Padova di Donatello, di Giotto, di Giusto de' Menabuoi..." .
Una periodizzazione della produzione di Morato risulta non facilmente individuabile data la libertà, e gli originali ripensamenti che segnano l'attività dell'autore. Fino alla guerra, come si è detto, Morato interpreta modi della tradizione, giungendo verso la metà degli Anni Trenta ad esiti tipici del classicismo novecentesco, ma con una particolare modulazione - nota la critica - di forma e colore, tra severità toscane e dolcezze venete. Negli anni Quaranta l'evoluzione interiore e gli stimoli esterni lo conducono ad accogliere la lezione di Picasso interpretando il cubismo in maniera originale, in chiave epsressiva. Nei primi anni del dopoguerra alcune composizioni di grande eleganza, tesa ad una purificazione delle forme, tradiscono il riferimento a Braque piuttosto che a Picasso. Ma già verso il 1955 si nota il graduale abbandono degli stilemi neocubisti e l'imporsi di una libertà espressiva con l'emergere prepotente del colore in chiave espressionistica. Da allora la pittura si fa stato d'animo e testimonia del disagio dell'autore per i traffici, i tumulti, le violenze esplosive degli sconvolti anni Settanta che la sua città vive. La sinteticità picassiana ed il lirismo coloristico delle numerose Maternità cedono il passo ai riferimenti a Munch e Soutine. Le linee si spezzano, la composizione si fa contorta, le deformazioni assumono aspetti grotteschi.