Maria Grazia Zannoni (1932-1998), dotata di una sensibilissima natura musicale e artistica, temprata da alcuni colpi di dure prove del destino, si era appena incamminata nella vita, quando all’età di un anno si trovò di colpo a perdere entrambi i genitori per un incidente di macchina.
Ne seguì l’affidamento ad un collegio di suore a Verona, dove visse una quindicina d’anni; anni che attraversarono presto le cupe atmosfere pesanti della seconda guerra mondiale, dei suoi lunghi silenzi dei giorni, le malinconie delle sere deserte, i paurosi fantasmi delle notti, mentre la mente e il cuore fiorivano appena. Ma a diciott’anni ecco, dopo l’uscita dal collegio, l’incontro con l’amore dei sogni lontani, ecco il matrimonio con Enzo Zannoni, la felicità, i giorni della musica e dell’allegria.
Il marito era un musicista, fisarmonicista autodidatta, e marito e moglie, tra loro legatissimi (fino alla morte, fino allo spegnersi della vita di Maria Grazia, nell’agosto del ‘98, quattro giorni dopo la morte del marito), avevano vissuto uniti, tanto che più volte si esibirono in manifestazioni pubbliche o in serate con gli amici, come, tra gli altri con Mario Albanese, che ospitò nella sua galleria di Vicenza - lui pittore e poeta - una serata allietata dalla voce di Maria Grazia e dalla fisarmonica del marito.
Da una lunga esperienza della tecnica disegnativa e pittorica eseguita su mobili del Settecento veneziano, Maria Grazia aveva deciso di passare a darsi interamente alla pittura (iniziando a studiare con il pittore veronese Domenico Zangrandi), presto padroneggiata in una sicura evoluzione stilistica; uscendo, a partire dai primi anni settanta, con una prima personale nel 1972; seguita quindi da quella del 1976, a Volargne nella Villa del Bene e in molte altre successive.
La sua vita, frattanto, si era snodata e arricchita irragiandosi in attività varie di arte musicale e di spettacoli di teatro. Il figlio Fabio mi racconta la sua scoperta del mondo teatrale - e in particolare di quello di Brecht - collaborando con compagnie amatoriali, mentre con il marito Enzo, anima serate nelle quali canta e interpreta canzoni francesi “esistenzialiste”, canzoni dello stesso Enzo su poesie di Pavese, ma anche musica leggera e cabaret: c’è in ogni caso nella sua vita in questo periodo un’intensa vita sociale e un insieme di interessi molto vivo e, aggiungo io, per ogni forma di attualità culturale.
Ma nulla dura nella gioia umana. Su di essa ora ricompare il volto crudele che torna a colpire: la malattia che bussa alla porta. Per Maria Grazia, una terribile malattia, una miastenia, che colpisce i muscoli e la costringe alla segregazione - un’altra e più dolorosa segregazione - ora tra le pareti domestiche dove fiorisce la sua pittura.
Il rapporto arte-vita stringe in un nodo di dolore e di domestiche visioni l’Arte stessa, insieme alla visione surrealistica degli oggetti immobili della casa. v
Questi: i cappellini sugli attaccapanni, il vestito abbandonato su di una seggiola, la camicetta di pizzo e seta ricamata e profilata di raso, in puro stile Liberty, appesa ad un manichino (spesso ritornante nelle sue opere), con al collo un nastro cremisi con cammeo in stile, e ancora il liberty “segno-epoca” (come tutto in casa) dei cuscini, del divano o meglio ancora la straordinaria borsettina elegante d’argento, pendula e sonnolenta, appesa ad un gancio alla parete; oppure ancora la specchiera da tavolo a tre faccie, che stavolta rispecchia grappoli di ortensie appena colte dal giardino, per ricomparire di nuovo in un altro quadro, pronta a rispecchiare, vazzosa, snella come una ballerina, una lampada da tavolo, col suo tondo cappello rosso. E poi via via, quadri su quadri: un cavallo di legno del nipotino, l’abito da scena o da ballo, prezioso e raffinato, depositato con nonchalance sui braccioli di una ben disegnata poltrona di vimini. Infine una rassegna di ritratti, tra i quali numerosi quelli della figlia Paola, tutti di ottima fattura fisionomica e pittorica, di mano capace, di ben affinata tecnica e di notevole afflato psicologico.
Maria Grazia Zannoni muore il 14 agosto 1998, 4 giorni appena dopo la morte del marito.