Giandomenico Sandri (nato a Este nel 1949) è uno scultore di notevoli doti plastico-creative. Cresciuto in terra veneta, ha assimilato fin dall’infanzia le gioiose e ben tornite sculture dei favolosi giardini delle grandi ville signorili sparse in quella regione ricca di gloria, di miti di un prezioso e giocoso narrare, al mondo, a se stessi, in raffinate dovizie di belle forme aggraziate e signorilmente offerte, dovunque sollevando dolcezza di piaceri e di creature incantate.
Sandri è nato così in queste nutritive atmosfere, suggendo, ancora all’età di cinque-sei anni l’urgenza della mano che scolpisce. Rubava al falegname, che era venuto in casa per riparazioni alle porte, uno di quegli scalpelli da legno che parlano di scultura e spingono a cavar fuori dal primo pezzo di legno che capita sottomano una forma, un uccello, la voluta di un fiore, le matematiche diramazioni degli alberi o dell’anima di una foglia.
Il bambino era qui nato scultore e per sempre rimase scultore continuamente intento a cercare nel legno, nella pietra, dovunque una materia chiamasse dal suo interno una forma, una nascita di qualcosa che portasse racchiuso dentro, un volto, una donna, un leone, un’aquila: il gesto di una curva o dell’apparizione di un dio, di un eroe, di un martire o di un incontro d’amore. Potenza del dire, del narrare ciò che, come un segreto da rivelare, stava dentro alla dura materia e chiedere di venire a vivere nei giardini, nell’atrio delle ville, sui tetti, sotto i cieli del mondo.
Fu questa indomabile ansia di liberare dalla pietra e dal legno il loro interno segreto, che fece del bambino lo scultore Gianni Sandri. Fu questo suo vivere per la scultura a portarlo in giro per il mondo. Creò per contagio scuole di apprendisti, passò dalla grande scultura libera alla scultura funzionale, ed egli vive l’arte libera dalle originali creazioni che dicevano interamente solo se stesse e la loro propria potenza espressiva insieme alle strutture portanti dell'arte funzionale: dove le forme nascono offrendo in se stesse un piano di cristallo, quale base leggiadramente sagomata in pietra di un tavolo, da pranzo o da salotto, di nuova concezione e costruzione artigianale.
Chi ha mai detto che l’artigianato non è o non può diventare arte?
Qui l’arte passa in artigianato come l’artigianato passa in arte. Arte a pieno diritto e scultura a pieno diritto. Anche un mobile o un edificio — molta arte contemporanea lo ha dimostrato — possono diventare vera e nobile arte. E con Sandri il passaggio di scultura in grande artigianato e del miglior artigianato in vera e libera arte, lo abbiamo potuto registrare. La scultura è, forse più di ogni altra arte, dare senso e sensibile significato alla materia dura e insensata. Il grande scultore sogna di scolpire la montagna venata di marmo. La leggenda michelangiolesca faceva dire al genio terribile di Michelangelo, mentre vibrava in aria il suo mazzuolo nell’atto di scolpire il suo divino Mosè: “Perché non parli?” Ed era l’anima più profonda della scultura a rompere il silenzio e a chiedere la parola. Fu uno spirito di questa natura che ha portato in giro per tutto il mondo l’opera della scultura, della scultura che vince il tempo.
Sandri ha potuto così andare a scolpire in Giappone, come in Vietnam, come in Cina. Dalla Sardegna ha tratto le forme delle rocce scavate dal tempo e dal mare, come grandi sculture della natura. Viveva nel suo animo l’incitamento dei grandi maestri di quest’arte che vive di tutta la cultura contemporanea: quella del Rodin, del Moore, dei Brancusi. Erano queste le guide sacrali del suo cammino di artista contemporaneo. (D.F.)