Italo Valenti è nato il 29 aprile 1912 in una famiglia benestante di commercianti a Milano, Porta Ticinese, dove cresce con la nonna paterna. A otto anni raggiunge i genitori a Vicenza, dove frequenta, come gli artisti medievali, alcune botteghe artigianali: un fabbro, un ceramista, uno smaltatore. In seguito frequenta la Scuola di Arti e Mestieri, mentre lavora presso un orefice e comincia a dipingere miniature.
Le prime opere pittoriche sono di questo periodo, all'inizio degli anni Trenta. Figure d'uomini e donne, ritratti: un avvio accademico e realistico, dunque. La prima mostra Personale è a Valdagno nel 1932.
Dal 1933 al 1935 Valenti torna a Milano per studiare all'Accademia di Brera. Sono anni importanti per la sua formazione, anni nei quali il realismo drammatico ed un po' romantico cede il passo alla lezione novecentesca.
Nel 1935 il soggiorno a Parigi e Bruxelles gli consente di conoscere da vicino le opere di Cézanne, Van Gogh, Gaugain, oltre agli impressionisti che egli visita in una grande mostra allestita quell’anno.
Quando si forma a Milano, nel 1937, il gruppo di Corrente, Valenti è tra quegli artisti, poeti e scrittori che mescolano formazione e tendenze diverse, orientati però tutti verso un'apertura ad orizzonti europei, in senso anticlassicista e antiretorico. Dal 1941 egli insegna all'Accademia di Brera e tiene importanti esposizioni a Genova, a Milano, a Firenze, a Venezia. Terminata la guerra e ripreso il posto a Brera come assistente del suo maestro Aldo Carpi, vi rimane fino al 1952, approfondendo liberamente la propria ricerca.
Altra data fondamentale nella vicenda di Valenti è il 1950 anno in cui lasciando "tutto dietro di sè, amici, compagnia, casa", si trasferisce in Svizzera, nel Ticino, col gruppo di artisti e di scrittori riuniti intorno ad Ascona. Lì conosce Anne de Montet, che diventerà sua moglie e si collega con Remo Rossi, Jean Arp, Julius Bissier, Ben Nicholson. Comincia uno sviluppo netto verso l'astratto, latente del resto anche nella sua pittura precedente.
La fase finale della "astrazione lirica informale" di Valenti, secondo la denominazione assegnata da Sylvio Acatos nella fondamentale monografia del 1987, si avvia proprio su questi temi intorno al 1957 ed è rilevabile già nelle tele esposte alla Biennale veneziana del 1958 che rappresenta una tappa essenziale verso la sua ultima, più diffusa e nota forma espressiva: il collage. Dai primi anni Sessanta Italo Valenti lavora a collages di piccole dimensioni. La superfice diventa ora, nota la critica, un luogo reale dove i frammenti di carta si fanno tramite impersonale per manifestare un originale universo poetico.
Il successo che la sua produzione raccoglie è rapidamente consacrato dalle mostre che si moltiplicano a partire dal 1960 in Europa e in America. Si succedono anche le monografie e gli studi critici a lui dedicati da Manuel Gasser, da Bernard Blatter, da Guido Bezzola, da Walter Schönenberg, da Dante Isella, da Giorgio Orelli. Muore nell’estate del 1995.
La vicenda artistica di Valenti, in estrema sintesi, si configura come un viaggio dalle emozioni della vita a quelle della contemplazione. Partito da una forte vitalità cromatica, Valenti perviene ad un'essenzialità poetica da cui è bandita ogni traccia di rappresentazione del mondo sensibile.
Dopo la significativa esperienza di Corrente la ricerca di Valenti si apre alle fonti del cosiddetto astrattismo e, all'epoca del suo approdo in Svizzera, egli si affranca da ogni pretesto figurativo per inoltrarsi nell'esplorazione dell'informale che gli suggerisce - scrive Cerritelli - "un modo di sentire la materia come forza primigenia, intatta".
La scoperta e la passione verso l'espressione dei papiers collés (come per l'opera donata al Museo: Maggia del 1970/1989) avviene nel 1959-1960 e si tratta di un passaggio ricco di nuove implicazioni e di sottili approcci formali a cui Valenti confessa d'esser giunto quasi per caso come per gioco. "L'importante incontro con l'opera di Ben Nicholson emancipa la sua visione pittorica attraverso la purezza geometrica e lo straordinario uso del bianco, in un clima di rapporti formali colti nel grande splendore della trasparenza". L'artista inglese, col quale Valenti stringerà un forte legame d'amicizia, approva il valore pittorico dei suoi collages e lo spinge ad esplorare una via che sarà irta di approfondimenti e di verifiche. "Impressioni di natura convertite, mediante un sottile processo, in mosaici di carta - scrive M. Gasser nel 1970 sempre a proposito dei collages di Valenti - che parlano al modo immediato della pietra, della pianta, dell'animale, di un paesaggio e d'un gioco di nuvole: ecco una sfera della poesia di Valenti ; l’altra consiste nella proiezione di delusioni e slanci del cuore."