Leon Zakrajsek, artista sloveno di notevole rilievo e originalità di personale stile, nasce a Lubiana nel 1962. Qui frequenterà tra il 1982 e il 1986 l’Accademia di Belle Arti. Ma già nel 1988 lo troviamo studioso di nuovi apprendimenti presso il Centro Internazionale di Ricerca Grafica-Calelia in Spagna. Sempre la sete di nuove tecniche e di nuovi mondi lo porta, grazie a una borsa di studio del governo giapponese, a rinnovare il suo bagaglio di tecniche e di visione culturale presso la Tama Art University di Tokyo, potendo anche frequentare uno studio privato specialistico di grafica e gli studi di diversi maestri di intaglio. Nei suoi ritorni in Slovenia organizza diverse Esposizioni locali e internazionali di grafica, tra l’altro una mostra di cento maestri incisori giapponesi in collaborazione con la Japan Print Association. In Italia giunge nel 1999, quanto a Cremona partecipa alla Mostra Internazionale di incisione “L’arte e il torchio” organizzata con successo da Vladimiro Elvieri. Rinnovando la sua presenza, anche come selettore designato per la Slovenia e il Giappone, nelle Biennali del 2001 e 2003.
Si tratta ormai di una ben riconoscibile e sempre più valida presenza che assomma a qualcosa come 140 Esposizioni di arte grafica sparse in tutto il mondo.
Quale membro della Kamakura Print Collection, a partire dal 1998, pur mantenendo il suo centro di vita e di e di lavoro a Lubiana, Leon continua a costituire un vero e proprio ponte che unisce, in sé e in pubbliche manifestazioni, sponde lontane culturali e artistiche per il tramite di queste sue opere grafiche. Esse recano un messaggio di segni simbolici di una sensibilissima arte grafica e pittoresca che parla di scambievoli doni internazionali da un continente all’altro. In Italia egli è presente, dopo le sue partecipazioni alle Biennali cremonesi del 1999, del 2001 e del 2003, e la Mostra individuale ad Ascoli Piceno nel 2001, con queste Esposizioni personali ad Este e successivamente a Cremona. Nelle due Mostre sono presenti numerose serie di disegni di raffinate tecniche giapponesi — inchiostri Sumi — e incisioni di delicatissime tecniche espressive, anche a volte con la tecnica incisoria della “maniera a zucchero” preziosamente usata quasi in gara con la resa delle punta e dei pennelli tipici degli “inchiostri Sumi”, lavorando anche su fondi oro. Ne esce un mondo dove trionfa un vero e proprio essenzialismo ideistico e culturale di stampo orientale. Tale è simbiosi vissuta, che si pensa alle antiche culture grafiche del pensiero cinese, alle concezioni idillico-formali del mondo di una Natura di amorosa ideazione, ad un vivere denso e fatto lieve e dolcemente vitale, ai monti e ai laghetti, agli affettuosi giardini dell’anima, al leggendario ciclo di 36 vedute del sublime monte Fuji-yama di Hokusai del primo Ottocento. Quindi al suo ribaltarsi in 36 monotipi che Leon Zakrajsek, nell’anno 2000, dedicava analogamente alla montagna sacra ad Hokusai e al pensiero giapponese. In un atto di estrema distillazione essenzialistica di una pura ideazione della Natura.
L’artista di oggi riprende la musicalità orientale dei ritmi e dei silenzi di uno spazio del profondo Inconscio, dove ti aspetti di udire il tintinnare argentino di campanellini cinesi e l’oro sommerso del pensiero e della figuralità orientale.
Il valore miracolistico di questi di-segni, di queste incisioni si misura, dunque, in questa perfetta fusione che il cittadino di una Europa centrale riesce a compiere senza residui di debolezza o slabbrature tra monti e culture dell’Occidente e una improbabile intimità culturale del profondo vissuto, con tutti i suoi ritmi biologici, culturali e artistici del misterioso Oriente. In questo modo si spiegano, a suon di tecniche oltremodo raffinate e di un amoroso profondo pre-sentire di abbraccio orientale, i disegni e le incisioni di questo ultimo ciclo opere dedicato ai vissuti di una identificazione dell’artista nei — molte volte incontrati e ripensati fino alla trasparenza — Giardini di Kamakura.