Tito Gasparini nacque a Motteggiana (Mantova) nel 1911. Trasferitosi a Pavia, quivi compì gli studi medi e universitari e si laureò in giurisprudenza nel 1935.
Gasparini aveva cominciato a disegnar da studente, collaborando graficamente a giornali e numeri unici della vita universitaria. Dopo essersi impiegato presso l'Amministrazione Universitaria fu chiamato alle armi. Terminata la guerra, prende la coraggiosa decisione di lasciare l'impiego e di dedicarsi interamente alla vocazione artistica e, principalmente, alla sua amata scultura. Fu il grande Arturo Martini a dar ragione alla sua decisione. Di passaggio a Pavia, pochi giorni prima della sua scomparsa nel 1947, il grande maestro della scultura italiana ebbe modo di vedere le opere di Tito Gasparini, di valutarne la portata, intuirne gli sviluppi e di incoraggiarlo sulla difficile via.
Nel 1949 espone nella prima Personale che sarà ospitata presso la 2Libreria dello Spettatore a Pavia. Nel 1952, presentato da Dino Formaggio, espone a Milano alla Galleria Monte Napoleone ottenendo un notevole successo di pubblico e di critica. Sempre nel 1952 è premiato con la medaglia di bronzo alla V.a Mostra selettiva dell'artigianato artistico presso l'"Angelicum" di Milano. Questi successi gli valgono l'attenzione della critica e la partecipazione alla Biennale di Venezia del 1956, dove si presenta con due grandi sculture in legno. Nel 1957, invitato, espone alcuni disegni per il VI° Premio Nazionale città di Gallarate dedicato, appunto, al disegno.
Segue un lungo periodo di isolamento durante il quale esegue, tra l'altro, una Via Crucis in 14 formelle di pietra per la Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro a Pavia. Nel 1964 è invitato a partecipare con una scultura alla Mostra Nazionale del Fiorino a Firenze. Segue un altro lungo periodo di raccoglimento in cui medita i temi della sua scultura.
Nel 1975 è ancora invitato a partecipare con un dipinto alla Mostra "Lombardia dipinta" allestita ad Arcumeggia (Valcuvia) ed ottiene in questa occasione un lusinghiero giudizio di Agnoldomenico Pica.
Nel 1979 il Comune di Pavia lo premia con un diploma di pubblica benemerenza e medaglia d'oro con espresso riferimento alla sua opera artistica, e nel 1981 gli dedica una grande Mostra ospitata nel Castello Visconteo. Muore nel 1987 dopo che la sua vita era stata già spezzata dalla tragica scomparsa dell'unico figlio.
Gasparini aveva tratto, secondo Formaggio, dalla natia terra virgiliana gli ideali della classicità greco-romana che riuscì ad incarnare in una scultura che via via assimilerà la forza del romanico e l'animazione del gotico fino alla compostezza del rinascimento italiano, ma spaziando e curiosando anche nelle tradizioni dell'antichità egizia e cinese.
Pur riferendosi, tra i moderni inoltre, quali modelli di apprendimento e di studio al magistero di Modigliani, ad esempio, (che talvolta compare ironicamente citato in certi colli allungati della sua opera pittorica), o di Arturo Martini, oppure traendo spunto dalla grande lezione del Cubismo (che si rivela con l'emergere di tipiche squadrature geometrizzanti di altre opere scultoree in pietra o in marmo) o di un certo Espressionismo, tutto questo è stato sapientemente assimilato e fuso in uno stile originale che nulla concede ai facili richiami delle mode correnti o agli sconvolgimenti intellettualistici e pseudo-rivoluzionari di molta avanguardia. Pur appropriandosi di elementi tecnico-formali tratti dai contemporanei, questi vengono fatti rientrare senza sforzo nella struttura classica del proprio ideale di scultura cui rimarrà fedele.
Solitario e schivo, tutto preso dalla sua arte, quasi secernendo la statua dai propri succhi vitali - (dice Formaggio usando una splendida ed appropriata immagine che rende conto della costanza e della dedizione al suo lavoro, e del rapporto indissolubile che legò la sua vita con le forme da lui prodotte),- "... l'umanità dell'arte di Tito Gasparini non sta soltanto in questioni di forme stilistiche, di soggetti figurali della statua o del quadro, ma anche e soprattutto, nella severità dell'impianto costruttivo che non viene mai meno, nel soffio di un profondo sentimento di pietas umana, di rispetto, devozione, tenero amore, con cui penetra e avvolge i corpi delle sue figure."
Le 20 opere che costituiscono la donazione sono un saggio della statuaria di Gasparini contraddistinta dalla modellazione forte e rigorosa,dall'assolutezza a volte geometrica delle misure e dei ritmi, dalla compassione e talvolta dall'ironia che anima le sue figure di uomini e di animali. Merita una citazione particolare la "Grande Nutrice", in pietra di Vicenza del 1970, "... che è molto più enigmatica e vasta che non una semplice "maternità, e che misteriosamente coinvolge nella sua presenza sconcertante i temi stessi originari dell'arte, del vivere, dello scolpire. Si osservi, infatti, come tutta l'antica iconografia del tema della maternità risulti stranamente indurito ed annullato, nei suoi risvolti emotivi di amoroso abbraccio di tenerezza, nella grande scabra pietra di questa Nutrice".
Pure la pittura, fattasi col tempo sempre più presente e frequente nel suo operare, è documentata in questa donazione. Una pittura dalle delicatezze musicali, ma altrettanto severa e rigorosa negli ordini spaziali e coloristici, "... spesso dolcemente affettuosa in certe tenerezze cromatiche, luminose e ben consolidate..." dentro ad un disegno che mantiene inalterata la propria forza costruttiva.