Mario Disertori nacque a Trento il 14 luglio 1895. Fu Moggioli, incontrato sempre a Trento nel 1908, che lo spinse alla pittura. Iscrittosi nel 1912 all'Accademia di Belle Arti di Venezia, lo troviamo l'anno dopo, giovanissimo, tra i partecipanti alla celebre mostra del 1913 a Ca' Pesaro, la più importante delle mostre dell'Opera Bevilacqua La Masa, quella che mise in risalto Gino Rossi, Casorati, Arturo Martini, oltre allo stesso Moggioli.
L'avidità di nuove esperienze lo spinse subito dopo a Firenze, già nel 1913, al tempo in cui - raccontava egli stesso - il futurismo faceva le sue prove più fracassone: manifesti incendiari, mostre, serate tumultuose. In quegli anni ebbe modo di esporre alle prime "Secessioni" romane del 1914 e 1915. Finita la guerra, a cui partecipa come volontario prima fante e poi ufficiale, dopo aver vissuto ancora a Firenze (dove nel 1919 si era diplomato all'Accademia) fino al 1922, Disertori si trasferisce a Padova, dove ottenne un insegnamento alla Scuola d'Arte. Da allora Padova fu la sua residenza anche se per molti anni (fin dal 1930) egli insegnò a Venezia all'Istituto Statale d'Arte. Fino alla morte, avvenuta nel 1980, la vita di Disertori fu divisa fra l'insegnamento ed i soggiorni in Toscana nell'amata Versilia, in Maremma, nei piccoli centri di Pienza, Montepulciano, San Quirino d'Orcia e l'altrettanto abituale frequentazione degli amati Colli Euganei, tra le colline di Teolo e le memorie petrarchesche di Arquà.
Formatosi nel vivace clima degli anni Dieci da cui ha origine, sulla spinta del movimento veneziano di Ca' Pesaro e le irrequietezze milanesi-toscane del primo futurismo, l'arte contemporanea in Italia, in Mario Disertori convivono - nota la critica - due diverse matrici, due "categorie": la toscana e la veneta. "Toscana è in lui la chiarezza logica dell'impianto formale, cioè l'esatto rapporto architettonico dei vuoti e dei pieni... - scrive Paolo Rizzi a presentazione di una mostra a Venezia nel 1975 - veneta è, al contrario, l'amorosa dolcezza del "tono locale", quel gusto verso una trasfigurazione sentimentale dell'immagine, che dilata attraverso il colore-luce la macchia del paesaggio...". Disertori appartiene alla schiera di quei pittori che possono essere ricondotti alla matrice impressionista. "Osservare il vero, infatti - scrive egli stesso - con una emozione che si rinnova di volta in volta, mi è parsa una di quelle lezioni dell'impressionismo che si potevano accogliere fiduciosamente, nella certezza di una sua validità perenne...".