Giuseppe Ajmone (nato a Carpignano Sesia il 17 febbraio del 1923), venuto a Milano dalla sua terra novarese per iscriversi e dedicarsi agli studi nell'Accademia di Brera nel 1941, in pieno periodo bellico, trasse validi insegnamenti da grandi Maestri come Funi e Carrà.
Di suo portava dentro il grande amore per la sua terra, con le sue colline, le sue pianure - e le risaie piene di luce di cielo - le sue acque, i suoi fossi scorrenti dolcemente su letti di erbe, processioni di alberi amici fedeli, infine il suo fiume, il Sesia, che il futuro artista sorseggia con lo sguardo fin dall'infanzia, facendone materia fluida dell'anima, prima che azzurrognola nebbia, che a volte si abbruna nel lungo e meraviglioso corso della sua pittura: sempre più libera, matura, sempre più vera pittura, impastata di verità e di un lieve, a volte, malinconico sognare. Nei suoi silenzi si leva un alto canto di valori figurali tacitamente cromatici ed evocativi.
Dotato di un rigoroso impianto culturale, attraversa, con ferma riflessione di scelte acquisibili, le grandi lezioni della pittura francese, da Cezanne a Braque, da Bonnard al cubismo, senza cedere alle lusinghe linguistiche ed agli schemi travolgenti di Picasso. Nel 1945, aveva fondato un giornale con gli amici di Novara: un giornale di tendenza dal titolo "Numero", poi trasferito a Milano come "Numero - Pittura" (poi successivamente "Pittura") Su questo foglio nel marzo 1946 viene pubblicato il manifesto Del Realismo, dove significativamente appare un programma di nuove tendenze non prive di ardori giovanili di chiara intenzione liberative, soprattutto contrapponendosi a qualche ambiziosa ripetizione degli schemi picassiani.
Con grande delicatezza, nell'opera di Ajmone vivo, appena sfiorato, un mistero. Il mistero penetrante e immaginifico delle perfette consonanze di disegno e di colore, insieme ad una attenta e meditativa esplorazione tra le penombre del reale e alla sua trasfigurazione in un mondo di apparizioni che, evocato, dovunque salgano alla visione delle nebbie del mondo, si fanno - fenomenologicamente - figure del vero apparire. Infine un nascere - o, meglio un "co-nascere" nel mondo e in noi, della più pura essenza di un nudo femminile, di alberi parlanti, di paesaggi che respirano: sono quelle già definite come "le cose stesse". Questo è il mondo della vera pittura, che non viene dalla bruta percezione di un semplice realismo, ma dalle intuizioni fatte o nate liberissime e pure. Come trovi nel mondo di Ajmone e nella sua lunga opera dove non vedi esasperazioni rilucenti e urlanti forme, ma luci e colori quietamente ovattati dalle nebbie delle sue terre e dalle distese dolcemente specchianti delle sue acque e dei suoi cieli.
Pittore di alta qualità nativa, presto si avviò al grande successo internazionale esponendo con successo in paesi europei ed in America, guadagnando un posto di prima linea nella variegata storia della pittura italiana nella seconda metà del secolo. (D.F.)