Alberto Biasi nasce a Padova il 2 giugno 1937. Completati gli studi classici e frequentato l'Istituto di Architettura ed il Corso Superiore di Disegno Industriale a Venezia, inizia l'attività artistica nel 1959. Insieme con l'amico Manfredo Massironi fonda quel movimento di rivoluzione artistica che, col nome di "gruppo enne", ebbe notevole importanza e fama, anche in Euro pa, e attivamente operò nei quattro successivi raggruppamenti, tra il 1959 ed il 1965. Nel 1960 stabilisce contatti ed espone con Castellani, Manzoni e con gli artisti europei della "Nuova concezione artistica".
Allo scioglimento dei gruppi, Biasi perseverò in una sua ricerca personale in una direzione metodologica e fenomenologica nutrita di sempre più problematiche verifiche e di fondamentali parametri scientifici. Per Formaggio, che ne studia e apprezza l’opera, la progettualità, o più propriamente metaprogettualità, che viene messa in opera nei lavori di Biasi si esercita non già sulla materialità del reale per utilizzarlo, ma "... sulla ben altrimenti organizzata legislazione delle "apparenze", di quel puro apparire dei fenomeni nelle loro originarie costituzioni che ha cost tuito la base dello studio..." della Fenomenologia husserliana.
In quegli anni, inoltre, fu attivo in "Nove Tendencije" che a Zagabria unì artisti di provenienza plurinazionale,e par tecipa a tutte le manifestazioni del l'Arte Programmata in Europa e negli Stati Uniti.
Da allora egli ha intrapreso un cammi no di progressiva e organica matura zione unitaria, mai di svolta per qualche esterna curiosità o adesione alle sirene delle mode, che lo portò a notevoli successi documentati dalla presenza di sue opere nei principali musei italiani e stranieri, dalla Galleria Nazionale di Roma al Modern Art Museum di New York ed in tutte le maggiori città europee ed americane, nonchè nelle numerosissime personali e collettive.
Del suo inizio e del suo discostarsi dalla tradizionale attività pittorica, egli stesso ci informa che il punto di rottura maturò dall'osservazione del diverso effetto emotivo che l'incidenza della luce determinava passando sulle superfici dei diversi strati della materialità dell'impianto coloristico. Muovendo dallo studio delle variazioni dinamiche della percezione - spinto da una curiosità indagatrice di marca sperimentalista e scientista - l'opera di Biasi approda ad una continua verifica delle modalità del progettare apparenze secondo una natura che Formaggio definisce "albertiana" cioè tesa all'indagine delle dinamiche formali e sperimentatrice "...infaticabile di legalità naturali e materiali e di nuove forme viventi dell'arte e della cultura...".
La rilevanza del lavoro di Biasi è dovuta - sostiene ancora Formaggio - alla penetrazione riflessiva e problematicamente filosofica che le sue opere offrono al di là di una degustazione estetica e ludica del gioco ottico e insieme deliziosamente coloristico.
I passaggi che segnano l’evoluzione di Biasi vanno dal primo periodo della sua produzione di stampo apparentemente Optical, legato ancora gli entusiasmi di una psicologia "gestaltista", passando attraverso la sperimentazione del Ciclo dei Politipi degli anni settanta, approdando agli sviluppi politipici dei Minimi degli anni ottanta, fino alle opere dell'ultimo periodo strutturate con elementi lamellari in rilievo abbinati ad inserimenti pittorici di forte suggestione formale e cromatica.
Del primo periodo delle ottiche cinetiche fanno parte le due opere donate al Museo (Con la mente più che con l'occhio e Visione dinamica entrambe del 1964) che testimoniano la vocazione autenticamente fenomonologica che ha ispirato sin dall'inizio la produzione dell'autore, mirata all'indagare "... le leggi che collegano le interazioni tra percezione, memoria e immaginazione nelle dinamiche di realtà delle immagini di cui si popola il mondo della pura apparenza.