Raimondo Lorenzetti è nato a Caseleone, grosso borgo tra Verona e Ostiglia immerso nelle campagne delle Grandi Valli Veronesi, il 25 Agosto 1948. Figlio di un muratore e di una sensibile casalinga amante della lettura, il suo curriculum scolastico non va oltre le scuole elementari passando presto all'apprendistato presso la bottega di un falegname.
Il suo passatempo preferito consiste nel disegnare, stimolato in ciò anche dalla madre, con la quale intrattiene - a seguito di una grave forma depressiva post-partum - un rapporto difficoltoso segnato da ansie protettive e da imprevedibili rifiuti.
Divenuto un abile intagliatore del legno, nel 1970 intraprende l'attività in proprio di artigiano e da questo momento prende avvio, timidamente, l'avvicinamento alla pittura mediante la copia da riproduzioni, per necessità professionali, di quadri antichi famosi.
Nei primi anni '80, tramite Antonio Zanchetta che opera per la diffusione della pittura dell'amico, ebbe ad incontrare il famoso Aligi Sassu il quale intuì l'originalità del mondo pittorico di Lorenzetti e lo apprezzò tanto da proporgli un cambio d'opera.
Raimondo Lorenzetti rappresenta - secondo Dino Formaggio che lo conosce sul finire del 1994 e gli dedica una nota critica per la Mostra personale che viene ospitata presso l'Officina d'Arte di Verona - un caso di puro sponta nei smo naturale, di pittura spontanea "... fuori dai supporti e dalle influen ze di sovra strutture forma listiche o culturali e, perciò stesso, prodotto imme diato di natura e per sonalità".
Nella sua produzione pittorica Lorenzetti vie ne ad esprimere la sua personale meditazione sugli eventi quotidiani e sul senso della vita, trasfigurando i temi della propria esistenza in immagini e presenze figurali e simboliche. La narrazione parabo listica di Lorenzetti si articola in temi chiaramente individuabili - (il tema del filo, ad esempio che racchiude una famiglia di significati quali la richiesta di aiuto, la speranza di salvezza da questo mondo minaccioso; oppure il tema dell'imbuto che simboleggia il percorso della vita: largo e spazioso all'inizio, più stretto avanzando, tale da costringere lo spazio del vivere, fino all'uscita finale) - che altro non sono, limpidamente iconizzate in immagini, se non l'unica parabola della vita tra infanzia, la madre - (tutti i volti femminili hanno il volto della madre e si atteggiano nei panni antichi della vita rurale o della pittura antica) - la famiglia, il paese, l'oppressione del potere.
Nell'opera donata al Museo, intitolata Partenza, del 1993, sono rappresentate due persone, un uomo e una donna - dai soliti volti che ricordano Piero della Francesca - le quali, stanche di queste condizioni di vita, prendono tutte le loro cose, si caricano in spalla la stessa casa e partono - è l'autore stesso che racconta - verso un altro mondo.