Romano Rui nacque a Sarone di Caneva in provincia di Pordenone il 7 dicembre 1915. Allievo di Leone Lodi, conseguì la Licenza di Maturità Artistica e studiò scultura con Ferruccio Messina all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.
Dal 1942 al 1952 insegnò al Liceo artistico di Brera e dal 1945 al 1964 fu assistente di Plastica Ornamentale alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Nel 1961 conseguì la libera docenza in "plastica ornamentale" e nel 1965 ottenne l'incarico di "tecnologia della scultura" presso l'Accademia di Brera, dove insegnò fino alla sua morte avvenuta a Milano il 23 agosto 1977.
"Strabiliante dominatore di materie" - (così ne definisce la qualità artistica Dino Formaggio) - Romano Rui studiò attentamente la vita segreta delle materie, osservandone e ricavandone le particolari risonanze di ognuna, dalle più tradizionali come le ceramiche e gli smalti fino alle stesse materie plastiche, al polistirolo espanso.
Dalle morbide cere del 1942, ai bronzi e marmi degli anni seguenti, la ricerca figurativa - (che negli anni cinquanta si esprimeva nelle grandi opere da inserire nell'architettura civile e sacra come per l'alluminio del "San Babila e i Milanesi" del 1955 o per la ceramica policroma dell'altare di Cuggiago del 1960) - veniva ampliandosi cedendo il posto ai corpi liberi delle volumetrie spaziali come rap porti autosignificativi. Così negli anni sessanta le opere di Rui si libe rano dai vincoli narrativi per scandire la pura forma come avviene nella "Stele da giardino" in pietra di Vicenza del 1967, nonchè in tutti gli "Studi per forme da giardino" tra il 1964 ed il 1968.
Dallo studio delle diverse possibilità di integrazione con l'architettura nascono i notevoli progetti modulari dei pannelli per la prefabbricazione (1964-1965) destinati ad inserirsi dialetticamente nei corpi volumetrici degli edifici, dando vita ad originali sintesi tra scultura ed architettura come avviene intorno al 1970 nel complesso realizzato a Milano in Via Procaccini o come avviene per lo stupendo "Portale in bronzo" (1964-1965) della Camera di Commercio di Ferrara (il cui modello è stato ottenuto da una lastra di polistirolo espanso traforata ed elaborata col cannello a fiamma).
L'insaziabile curiosità di Rui lo porta ad esplorare le potenzialità delle materie provenendo anche a nuove forme di costituzioni oggettuali come nel caso delle "plastigrafie", vere e proprie invenzioni.
Negli ultimi anni della sua attività sempre più Rui si dedica ad interpretare una scultura, sciolta dal vincolo mimetico, "... come l'insorgere dei volumi, dei loro ritmi simbolici nello spazio, negli ambienti, negli edifici" pervenendo a quegli straordinari "Alberi" tra il 1973 ed il 1977 in cui la ricerca sfocia nel tentativo magistrale "...di dare nel bronzo l'aria e le fronde di questo antichissimo simbolo della vita e della morte, che è l'albero...".
Le plastigrafie presenti nel Museo fanno parte di una serie di opere realizzate negli anni settanta in cui Rui procede ad un nuovo tipo di tiratura a stampa sulla base di matrici lungamente elaborate, a partire da supporti di fibra di vetro con stratificazioni successive e successive correzioni meccaniche operate attraverso stesure sovrapposte di resine poliestere Gabraster. "Non si tratta più di superfici piane graffiate o incise, ma di orginali nuovi tipi di stampe mosse sui rilievi, sulle emergenze a diversi livelli e variamente articolate delle superfici, che rispondono in modo diverso alla inchiostrazione o alle diverse colorazioni del negativo per le tirature delle relative stampe. Queste non sono più, allora, una semplice superficie piana disegnata o colorata, ma si arricchiscono di rilievi plastici, diventano oggetti visivo-tattili, anzichè solo visivi...".